Si fa presto a dire “entry level”

Un ottimo articolo su tcsurfski spiega in modo esaustivo il mantra “stability before ability” ovvero l’importanza di non farsi trascinare dal proprio ego nell’acquisto di uno scafo élite, logorandosi in continui appoggi o rovesciamenti, piuttosto che approfittare della sicurezza di uno scafo più umile per ampliare le occasioni di uscita e consolidare tecnica e fiducia nelle proprie capacità.

Per questo motivo la qualità della recentissima offerta di scafi c.d. entry level si è adeguata all’incremento dei praticanti non provenienti dal kayak olimpico o addirittura completamente neofiti. Paradossalmente però un’offerta così articolata comporta una seria difficoltà di scelta perché: non si può contare sul giudizio di canoisti agonisti in quanto dal loro punto di vista barche sopra i 45 cm di larghezza sono semplicemente “tutte uguali”; non si possono avere informazioni da amatori evoluti perché hanno fatto esperienza direttamente e con fatica su barche piuttosto difficili ed infine, per definizione, non si possono avere comparazioni da chi ha acquistato il primo surfski.

Lontano dalle prove tecniche professionali, questo articolo racconta un percorso svolto da un appassionato “non addetto ai lavori” per appassionati altrettanto non “addetti ai lavori”.

Il V8 è un amico

Il modello Epic V8 è probabilmente l’icona delle barche entry level… ed a ragione! Per chi proviene da una esperienza di kayak da mare ed ha un peso ed una altezza tali da porre attenzione a dove sposta il proprio baricentro, il V8 consente di mettersi immediatamente in gioco nel pianeta surfski perché assicura discrete velocità di crociera sul piatto ed oneste capacità in surf senza però richiedere particolari abilità nelle risalite quando evidenti errori in appoggio o nella tecnica di pagaiata producono un rovesciamento. Perché la risalita è la prima compagna di allenamento quando si approccia la tecnica leg-drive (parte #1#2#3#4) con mare formato oppure si cerca di capire cosa vuol dire quel “prendere l’onda” che si sente in tutti i filmati di downwind.

Dopo un breve, intenso ed involontario allenamento alle risalite, la certezza di rientrare in barca anche in zona di frangente ed anche quando si avverte la stanchezza fisica apre le porte alla possibilità di fare tanta esperienza perché si esce con relativa tranquillità e sicurezza anche in condizioni di mare con cui si rinuncerebbe con uno scafo più impegnativo.

La larghezza della barca anche prima ed oltre la seduta nonché una forma piuttosto piatta della zona centrale permettono al V8 di perdonare uscite troppo arretrate della pala, spostamenti scoordinati tra i due lati oppure una intempestiva compensazione del rollio impresso dal moto ondoso.

Il tempo necessario a correggere i macro errori di tecnica e ci si ritrova a godere ogni istante delle proprie uscite da soli o in compagnia perché si può stare al passo con il gruppo e senza l’assillo di controllare ogni singolo gesto.

Il V8 è davvero un amico 💁🏻‍♂️

Il V9 è un insegnante

Se il V8 perdona qualunque piccolo errore, il modello Epic V9 no! Più stretto e più lungo, assicura una velocità di crociera maggiore e, con una progettazione più tecnica (rocker, posizione del timone, seduta alta, scafo arrotondato), permette una esperienza in surf nettamente superiore a quella del V8. Tuttavia, anche se in modo prevedibile e graduale, ogni errore tecnico o ritardo nella compensazione del rollio indotto dal mare al traverso comporta un immediata perdita di assetto dello scafo e la necessità di proteggersi con un aggancio, un appoggio o di esibirsi in un bel tuffo. Anche la risalita non sarà cosi scontata come nel V8 perché una vota rimesse le gambe a bordo non sarà possibile riposarsi e godersi il panorama se c’è mare formato.

Scendere a patti con un V9 però richiede solo un minimo di perseveranza; in cambio il V9 permette alle proprie abilità di progredire notevolmente ed affacciarsi alle sensazioni che solo uno scafo élite può riservare ma senza lo stress di comportamenti estremi.

Pur consentendo correzioni dell’ultimo instante, tenere in assetto un V9 significa pagaiare con estrema attenzione alla catena cinematica del gesto tecnico ed alle caratteristiche di ogni onda che attinge lo scafo. Se si riesce ad avere una discreta continuità di uscite, la sensazione che ne deriva è straordinaria perché si esce dalla zona di ovattato comfort del V8 per entrare in una profonda simbiosi con il mare attraverso la consapevolezza del proprio corpo e del proprio stato mentale. Si è obbligati a diventare una parte attiva del contesto canoa/mare: tensione e mancanza di continuità generano rigidezza e scarso controllo (la famosa “treeeemarella”) mentre concentrazione e perseveranza producono un pagaiare molto più appagante e fisico, soprattutto in downwind dove il limite non è più lo scafo ma la capacità del pagaiatore.

Il V9 è un instancabile insegnate 📚

Il Club 560 è un allenatore

Il modello Nordic Kayak Club 560, con dimensioni quasi coincidenti con quelle del V9, permette ottime velocità di crociera e di macinare tanti km per affinare la propria tecnica senza la necessità di una buona continuità di uscite.

Infatti, con un rocker nettamente inferiore e fianchi molto meno rotondi, conserva un abbrivio maggiore di quello del V9 ma con una facilità di pagaiata nettamente superiore in mare piatto o mosso da vento e mare incrociati; a patto di non volersi cimentare nel downwind, disciplina poco consona a questo scafo.

Dopo un po’ di esperienza con il V9, salire sul Club 560 produce una esperienza a metà tra il comfort del V8 e la possibilità offerta dal V9 di avvertire immediatamente le variazioni di assetto e velocità della barca in corrispondenza delle prove del gesto tecnico che non finiranno mai per chi non proviene dall’agonismo; senza però avvertire la “treeeemarella” che assale inevitabilmente quando si sale su uno scafo progettato per il downwind dopo settimane di ufficio ed automobile.

Scambiare caratteristiche adatte al downwind con altre più adatte alla stabilità ed alla velocità permette di pensare il Club 560 sempre pronto a cimentarsi in sessioni lunghe ed aerobiche oppure ad intensità alternata senza dover per forza aspettare condizioni di mare piatto oppure distogliere molto tempo alla propria vita convenzionale per assicurare una buona densità di sessioni settimanali; per di più con una costruzione molto solida e comunque rigorosa.

Il Club 560 è un allenatore sempre disponibile 🏋🏼‍♀️

L’Exrcize Carbon X è una sirena

Il modello Nordic Kayak Exrcize Carbon X naked ha le dimensioni del V8 ed assicura la possibilità di sperimentare ed approfondire la tecnica della pagaiata in modo del tutto simile a quella del Club 560 ma con una attitudine a non perdonare gli errori più vicina al V9 che alla sorda pacatezza del V8; sia per i fianchi più arrotondati sia in relazione alla leggerezza da record.

Se c’è da affrontare un downwind allora non c’è troppo da recriminare su altre scelte possibili: accelera davvero molto per prendere qualunque onda e non ha fianchi così ripidi da non poter facilmente cercare traiettorie alternative. Del resto chi è in cerca di una barca specializzata guarda ad altri modelli.

Se c’è da affrontare una sessione cardio, prua rastremata e leggerezza permettono di non perdere il gruppo ed in solitaria si ha un gran bell’andare anche con mare incrociato. Del resto chi vuole andare forte deve lavorare sulla tecnica e sul condizionamento fisico; i cm, almeno in canoa, contano poco.

Se poi c’è da fare sfilate di moda tra amici, mettere alla prova il conto corrente oppure caricare la barca in macchina… la costruzione Carbon X è davvero superba!

Tutte queste caratteristiche spingono a pensare inconsciamente ed incessantemente alla comodità di una barca tuttofare che mette al riparo dalla scomoda necessità di trovarsi in specifiche condizioni mentali o di mare per averne una corrispondente alle proprie esigenze.

L’Exrcize Carbon X è il canto di una sirena 🧜🏼‍♀️

Conclusione

Per chi non ha standardizzato il gesto tecnico e l’esperienza in mare attraverso anni di agonismo ma si affaccia al mondo del surfski da sportivo e con una esperienza di canoa amatoriale, il mercato attuale è estremamente favorevole perché offre tipi di scafo con le stesse alternative riservate a barche molto competitive e difficili. Tuttavia le differenze nelle varie progettazioni, evidenti ad un “non addetto ai lavori” sono impossibili da avvertire e raccontare da parte di chi invece ne avrebbe titolo per esperienza e preparazione professionale.

Dunque si profila un paradosso per gli sportivi amatoriali che si affacciano al mondo del surfski perché le valutazioni di altri equivalenti amatori sono affette dall’esperienza soggettiva del percorso con il quale ci si è accostati a questo sport, dalla condizione di fitness generale, dal tempo libero a disposizione, dall’attitudine a vivere lo stress di esperienze nuove in modo resiliente o in modo negativo ecc…

La soluzione a questo paradosso è per forza di cose un percorso personale ma, per quanto detto fino ad ora, da condividere culturalmente e fisicamente con altri compagni/gne sportivi in una esperienza sociale che solo un club può offrire; soprattutto alla luce del costo e della non sempre immediata disponibilità dell’attrezzatura.

Si fa presto a dire surfski entry level ma in realtà c’è un mondo dietro questa definizione.

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